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Il primo caso assoluto di una maglia con sponsor è quello dell'Eintracht Braunschweig, che nella stagione 1972-1973 siglò un accordo commerciale con la Jägermeister. Ma l'iniziativa dovette superare degli ostacoli di non poco conto. Infatti, secondo regolamento, la sponsorizzazione sulle maglie era vietata. L'unica cosa che si poteva mostrare sulle divise da gara era lo stemma del club. E allora? Fatta la legge, trovato l'inganno. È bastato cambiare lo stemma societario (un leone rampante), con quello della nota azienda di liquori (facendo attenzione a inserire le iniziali del club nello stemma). Ed ecco che dal marzo 1973, l'Eintracht Braunschweig poté sfoggiare sulla divisa il proprio sponsor.

Non ci volle molto che anche le altre squadre, in Germania e non solo, cominciassero ad escogitare degli escamotage analoghi, per poter usufruire del denaro derivante dalle sponsorizzazioni sulle maglie. E così, dalla stagione successiva, un po' in tutta Europa apparvero le maglie sponsorizzate.
E in Italia?
Il precursore è senza dubbio il Lanerossi Vicenza. Ma nel caso specifico, la squadra veneta poté esporre la "R" rossa, in quanto il club stesso era proprietà dell'azienda tessile veneta e tale esposizione era equiparabile a quella dello stemma societario. D'altronde non era neanche l'unico caso. Per esempio, durante la seconda guerra mondilae, anche Juventus e Torino per un breve periodo, in tempi di ristrettezze economiche, furono brevemente ribattezzate Juventus Cisitalia e Torino Fiat.

Ma basta aspettare un anno per vedere in Serie A la prima maglia con lo sponsor, quella del Perugia. Al presidente D'Attoma servivano soldi freschi con cui pagare l'allora faraonico ingaggio di Paolo Rossi. E, siccome la sponsorizzazione era ancora vietata, il presidente dovette creare un escamotage ad hoc. Ed ecco che dal nulla nacque una società, un maglificio, che avrebbe fornito le divise della squadra: la Ponte Sportswear. Guarda caso "Ponte" era anche il nome di un noto pastificio. Ma in qualità di sponsor tecnico, il marchio apparve in bella evidenza sulla divisa della squadra umbra.
La Federcalcio non la prese bene ed iniziò la sua battaglia per far rimuovere la scritta. Alla fine riuscì, ma nel frattempo D'Attoma tappezzò con il marchio Ponte le tute d'allenamento, le pettorine, le panchine, e tutto ciò che avesse un minimo di impatto mediatico.
E la via fu così aperta, e un po' tutte le squadre ricorsero a trucchi simili per bypassare i divieti imposti dalla lega. Così, a partire dalla stagione 1981-1982, il divieto di sponsorizzazione sulle maglie cadde.
Ed ecco maglie e sponsor della prima stagione "liberalizzata":