La prima copertina dell'album Panini


Nella foto qui a sinistra vediamo Nils Liedholm intento a colpire di testa. Ebbene, questa è l'immagine scelta dalla Panini, per la copertina del primo album di figurine dei calciatori. Nel 1961 esce la Grande Raccolta Figurine Calciatori della Serie A.

L'anno prima i fratelli Panini, titolari dell'Agenzia Distribuzione Giornali Fratelli Panini, trovarono un lotto di figurine invendute della Nannina, la casa editrice che per prima iniziò a produrre figurine, già dal 1947. Grandi fogli, che raccoglievano diverse figurine di personaggi sportivi in tecnicolor da ritagliare.

Partendo da questo lotto, la Panini ha fondato un impero. Prima ha rivenduto le figurine, imbustate 2 a 2. Poi, visto il successo della campagna vendite (3 milioni di bustine vendute a 10 lire l'una), dall'anno dopo ha iniziato la produzione in proprio, accoppiando alla classica figurina l'album raccoglitore. Per la copertina fu scelta la foto di Nils Liedholm opportunamente rieditata.
Le cifre raccontano di un successo strepitoso, con ben 15 milioni di bustine vendute. Era ufficialmente nata la grande tradizione della Collezione Calciatori.

Fritz Walter, dal campo di concentramento al trono del mondo

Friedrich Walter, detto Fritz, è stato il capitano della Germania che ha vinto i mondiali svizzeri del 1954.
In quel mondiale i tedeschi si imposero in finale sulla grande Ungheria di Puskas per 3-2. Ma quella disputatasi a Berna non fu la partita più importante della vita di Fritz. La partita più importante della vita di Fritz fu quella che disputò in un cortile, in un campo di prigionia russo.

Walter è stato la bandiera del Kaiserslautern negli anni a cavallo della seconda guerra mondiale. Con la maglia dei diavoli rossi debuttò a 17 anni nel 1940 (dopo aver percorso tutta la trafila delle giovanili) e ci giocò la sua ultima partita nel 1959. Le uniche altre divise indossate da Fritz Walter furono quelle della nazionale di calcio e dell'esercito tedesco durante la guerra. E proprio con la divisa dell'esercito tedesco, durante la seconda guerra mondiale, l'amico Fritz fu catturato dai Russi e rinchiuso in un gulag.

Helmut Duckadam, l'eroe di Siviglia

Di una finale di Coppa Campioni, non sempre la gente ricorda il risultato; quasi sempre però ricorda la giocata simbolo di quella partita, il momento che decide la sfida, il gesto tecnico impareggiabile.
E così, della finale del 2002 tra Real Madrid e Bayer Leverkusen, la gente ricorda il gran gol di Zidane. O della finale del 1999 tra Bayern Monaco e Manchester, quei folli 2 minuti finali. E ancora del tacco di Madjer, del pallonetto di Ricken, del siluro di Rambo Koeman... ecc.

Ma alcune rare volte, della partita più importante dell'anno, quello che rimane impresso non è un gol, ma una parata. Talmente incredibile da lasciare sgomenti pubblico e squadra avversaria. La parata che vale la coppa.
Ora pensate, se anziché essere solamente una, le parate siano addirittura 4, per di più consecutive...

Signore e signori, Helmuth Duckadam.


Il fantacalcio: la nascita di una passione

Il fantacalcio compie 30 anni. E nonostante l'età, non è invecchiato di un giorno.
Cambiano alcune regole, qualcuno gli cambia il nome, cambiano i protagonisti, ma la pubblicazione del "listone" fa sempre sussultare il cuore di milioni di appassionati italiani. Perché è con quella lista sotto mano che si iniziano veramente a studiare le strategie per la formazione della propria rosa. Online o leghe private, punteggio o gol, classifica punti o scontri diretti, ognuno lo gioca come vuole, ma per tutti le settimane di agosto sono giornate di studio: i nuovi acquisti, i possibili titolari, i rigoristi, le difese meno battute, i centrocampisti più prolifici, i difensori goleador e, ovviamente, i bomber.

Riccardo Albini con la copia della prima edizione del Fantacalcio
Il fantasy game più giocato d'Italia nasce nel 1988, parto della mente del giornalista sportivo Riccardo Albini. Che nella primavera di quell'anno mette a punto le regole del prototipo del primo vero fantacalcio, a tre anni dalla prima ispirazione. Stando alle parole dello stesso Albini, in un viaggio di ritorno dall'America, al giornalista cominciò a frullare per la testa l'idea di sviluppare un gioco stile fantasy football americano, ma applicato al calcio italiano. Il fantasy football è, per l'appunto, un fantasy game giocatissimo negli Stati Uniti. C'è addirittura una serie tv della Fox dedicata a questo: The League. Ma il fantasy football si concentra su una serie di statistiche e punteggi difficilmente applicabili al calcio. Serviva così partire dal concetto e implementare un sistema di regole tutto nuovo.

Il Boxing Day, la magia del calcio a Natale

Mentre tutti i campionati, più o meno, si fermano per le festività natalizie, in Inghilterra si gioca... e anche molto. Il tradizionale turno di Santo Stefano è sempre accompagnato da un altro turno prima della fine dell'anno e da uno ad anno nuovo. E così, mentre in Italia, Germania, Spagna, Francia, ecc... si aspetta la Befana per rivedere le proprie squadre in campo, tutti gli occhi degli appassionati di calcio per una settimana sono puntati oltremanica. Una tradizione quella del Boxing Day (il turno del 26 dicembre), che ha origini antichissime e che trova posto nel calcio fin dai suoi albori.

Tradizionalmente il 26 dicembre era la giornata in cui le chiese aprivano le cassette delle offerte destinate ai bisognosi, "box" per l'appunto. Negli anni divenne la giornata per eccellenza dedicata ai poveri e ai bisognosi, in cui anche i latifondisti e i proprietari di fabbriche donavano delle cassette con donazioni e cibo per i propri dipendenti, cui concedevano anche il giorno di riposo (quanta grazia!). Una tradizione secolare, che divenne nel 1871 una festività ufficiale in tutto il Commonwealth grazie al Bank Holiday Act. E così, la giornata libera divenne l'occasione per dedicare le proprie energie ad altro fuori dal lavoro. E cosa amano di più gli inglesi dopo la birra? Il calcio.
Nel Regno Unito il 26 dicembre quindi si gioca, ovunque. E lo si faceva da ben prima che nascesse la First Division (divenuta oggi Premier League). Poi con la nascita dei campionati ufficiali si iniziò a giocare anche il giorno di Natale e 25 e 26 dicembre divennero le giornate dedicate ai derby cittadini (così tra una partita e l'altra non c'era bisogno di fare troppi chilometri). Poi la giornata del 25 fu abolita a partire dal 1958: gli impegni troppo ravvicinati e il dover "lavorare" anche a Natale fecero storcere il naso a calciatori, dirigenti, magazzinieri, ecc... E così a restare fu il solo Boxing Day.

Alla fin fine una settimana di pausa dal lavoro da dedicare allo spettacolo. Perché nel Boxing Day a giocare non sono i soli calciatori. Un po' tutti gli atleti di Sua Maestà scendono in campo, cavalli inclusi.

Vinnie Jones e Paul Gascoigne

Vinnie Jones si è guadagnato la fama di "duro" nel mondo del calcio: provocazioni, interventi duri e scorrettezze a non finire in mezzo al campo. In questo celebre fotogramma vediamo Vinnie alle prese con una delle sue "tecniche" di marcatura. Bersaglio delle cortesi attenzioni è Paul Gazza Gascoigne, che sembra non gradire.

Tutte le sigle di Mai Dire Gol cantate da Elio e le Storie Tese

Il 18 novembre del 1990, reduci dalla brillante esperienza di Mai Dire Banzai e, prima ancora, da Quo Vadiz?, la Gialappa's Band entra nelle case degli italiani con la prima puntata del glorioso Mai Dire Gol.
Partì come una raccolta di video divertenti legati al mondo del calcio, commentati dalle voci fuori campo di Marco Santin, Carlo Taranto e Giorgio Gherarducci, divenne col passare del tempo un varietà comico di più ampio respiro, che in un mondo o nell'altro continuò comunque a mantenere un saldo legame con il "brutto" del calcio nostrano e internazionale.
Tanti i comici più o meno noti lanciati alla ribalta nazionale dalla trasmissione della Gialappa (Aldo, Giovanni e Giacomo, Antonio Albanese, Maurizio Crozza, Daniele Luttazzi, Paolo Hendel, Giole Dix...), tante le facce che hanno spalleggiato il trio radiofonico alla conduzione (Teo Teocoli e il suo alter ego Peo Pericoli su tutti). Innumerevoli i personaggi e gli sketch comici che hanno reso leggendaria la trasmissione... ne vogliamo elencare un paio? I Bulgari di Aldo Giovanni e Giacomo, Carcarlo Pravettoni di Hendel, Frengo di Albanese, il mago Oronzo di Raul Cremona, il Tomba di Dix, l'Ermes Rubagotti di Gene Gnocchi, il Conte Uguccione di Bebo Storti, e così via...
Ma un'altra cosa che rimarrà per sempre nei cuori degli amanti delle prime edizioni di Mai Dire Gol, sono le sigle di apertura di Elio e le Storie Tese. Qui di seguito un breve excursus.

Le frasi celebri di Boskov

Giocatore di ottimo livello, allenatore leggendario. Una vita nel Vojvodina, come giocatore e come allenatore. Poi le panchine della nazionale jugoslava, del Den Haag, del Feyenord, del Real Saragozza, del Real Madrid e dello Sporting Gijón.
Il grande maestro Vujadin Boskov torna in Italia nel 1985, questa volta come allenatore (ci era già stato come giocatore della Sampdoria nella stagione 1961-1962), subentrando a Mazzone sulla panchina dell'Ascoli. Prima la retrocessione, praticamente scontata, poi la grande stagione in serie B. Il Picchio vince il campionato cadetto e Mantovani, presidente della Sampdoria, offre a Boskov la panchina della Sampdoria.

L'anno successivo inizia così la splendida storia d'amore tra lo jugoslavo e la Genova blucerchiata, culminata con lo storico scudetto del 1991. Un'epoca di grandi successi: uno scudetto, due Coppa Italia, una Supercoppa Italia, una Coppa delle Coppe. Poi ci fu la sfortunata finale di Coppa Campioni persa contro il Barcellona (la seconda per l'allenatore, già uscito sconfitto in una finale quando allenava il Real Madrid contro il Liverpool). Sarebbe stata la classica ciliegina sulla torta...
Boskov aveva sempre la battuta pronta. Scivolava un po' sull'italiano, aveva un inconfondibile accento slavo e un grande sense of humour, tratti che divennero marchio di fabbrica. Uomo mediatico da questo punto di vista, sempre prodigo di battute di fronte ai microfoni e alle telecamere dei giornalisti. Boskov se ne è andato nel 2014 ad 82 anni, consegnando in eredità ricordi incancellabili nei tifosi delle squadre che ha allenato e lasciando un segno indelebile nella storia del calcio.

Qui di seguito riportiamo alcune delle sue frasi più celebri, condite con alcuni video.

Il gol di Tuta: quando segnare fa incazzare... tutti

1998. Moacir Bastos, in arte "Tuta", approda sulle rive di Venezia dopo una brillante stagione all'Atletico Paranaense. Ha solo 24 anni e la grande occasione di costruirsi un luminoso futuro in Europa. Per di più nel campionato più bello del mondo (eh sì, all'epoca la serie A era probabilmente il miglior campionato del mondo).
Certo che con Maniero e Recoba lì davanti, il giovane brasiliano è destinato a fare tanta panchina. Ma al contempo ha la possibilità di imparare molto e crescere, per diventare magari un giorno quel campione che sogna di essere. Ecco perché deve cercare di farsi trovare sempre pronto, impressionare Novellino e convincerlo a puntare su di lui. Ogni minuto in campo è un occasione per mettersi in mostra.
Il 24 gennaio è un giorno di calcio come un altro. Venezia e Bari scendono in campo per la prima giornata di ritorno. La laguna lentamente viene invasa dalla nebbia e per i pochi spettatori in tribuna lo spettacolo in campo è a dir poco imbarazzante. A metà della partita le squadre sono sull'1-1 e tutte e due dimostrano di volerla finire così. Da un pezzo non si vede più un tiro in porta, il ritmo è di una lentezza snervante e la partita è proprio penosa.
Nel finale di gara Novellino decide di regalare qualche minuto a Tuta, che appena entrato sfiora subito il gol. Il ragazzo non sembra aver capito la situazione e il suo "impegno" appare decisamente fuori luogo. Stando alle parole dello stesso calciatore, addirittura Maniero gli avrebbe detto di non segnare e lasciare il pareggio intatto. Ma al 90' Tuta, in barba a tutte le raccomandazioni, incorna un cross dalla sinistra ed insacca di testa. Ad esultare è solo, nel gelo della laguna e nel tiepido entusiasmo dei compagni (addirittura Marangon, suo compagno di squadra, si mette le mani nei capelli). Il giocatore sembra aver fatto arrabbiare tutti... ma proprio tutti! E infatti gli ultimi 4 minuti di gara si trasformano in una caccia all'uomo, con Tuta servito dai compagni e falciato dagli avversari.

Il Maracanazo, la partita più famosa della storia del calcio

La più grande disfatta sportiva della storia del calcio: il Maracanazo.
Il 16 luglio 1950 è il giorno dello sconforto di un intero popolo, un popolo per il quale il calcio rappresenta forse qualcosa più di una religione. Il 16 luglio del 1950 il Brasile sprofonda nella disperazione. Ad abbattere lo spirito di un intero popolo ci ha pensato una partita di calcio. Anzi un solo gol, un solo giocatore: Alcides Ghiggia.

Il 1950 è l'anno del mondiale in Brasile. Si riprende dopo la pausa per la seconda guerra mondiale. Germania e Giappone non vengono invitati, perché paesi aggressori. L'Italia invece sì, ma la nostra presenza vale davvero poco. Andiamo in nave (insieme ai turisti), ancora sotto shock per la strage di Superga, allenati dal presidente del Torino, Novo, e un giornalista, Barrese. Leggenda narra che i palloni già fossero finiti prima di lasciare il Mediterraneo. Un mesto mondiale, abbandonato in gran fretta.