Chi non conosce il personaggio di Oronzo Canà, il tecnico della Longobarda del film "L'allenatore nel pallone"? Ebbene, il grottesco personaggio di Lino Banfi, deve molti dei suoi tratti ad una figura calcistica realmente esistita: Oronzo Pugliese.
Oronzo Pugliese era allenatore di calcio, attivo tra gli anni '50 e i '70 che, tra le altre, allenò in serie A Foggia (conducendola in una marcia trionfale iniziata in Serie C) e Roma. Persona genuina e di carisma, Oronzo era un personaggio molto focoso che, come il Canà di Lino Banfi, non era certo dotato dell'aplomb di Liedholm. Per non parlare del comportamento in panchina, sulla quale proprio non era in grado di restare calmo: ingressi in campo per richiamare i giocatori o per festeggiare i gol, scatti sulla fascia ad accompagnare la corsa dell'ala, imprecazioni, ecc... Gianni Brera disse di lui che era "un mimo furente di certe grottesche rappresentazioni di provincia".
Lino Banfi / Oronzo Canà |
Con un galletto, a Bari |
Le interviste erano poi sempre uno spettacolo. Sulla panchina si esprimeva in barese stretto, tanto da risultare incomprensibile per qualche suo giocatore (Pairò, suo giocatore ai tempi della Roma, dirà: "Io con Pugliese andavo d'accordo, ma non sempre riuscivo a capire quando parlava e considerate che io l'italiano l'avevo imparato bene"). Ma ai microfoni sfoderava il migliore italiano possibile, inciampando però in memorabili strafalcioni. Ne citiamo uno? "Undici gambe abbiamo noi, undici gambe hanno loro".
Se appare evidente che come personaggio fosse una macchietta, non vada comunque sminuita la sua carriera di allenatore.
Iniziò, come tutti, dalla provincia, durante la seconda guerra mondiale. Il primo ingaggio fu come allenatore del Leonzio, squadra della città di Lentini, in Sicilia. La paga consisteva in una cassetta di arance al mese. D'altronde erano anni difficili.
Pugliese e Herrera |
Nella stagione successiva, la strabiliante affermazione con il Foggia gli valse la panchina della Roma. Ma in 3 anni alla guida della squadra della capitale, non riuscì mai ad andare oltre l'8° posto. Si concesse comunque di nuovo il lusso di battere l'Inter, 2-0. Era l'idolo dei tifosi, ma ciò non gli consentì di mantenere l'incarico e ben presto abbandonò la massima serie. Ancora una breve apparizione alla guida del Bari (con cui sconfisse per la terza volta Herrera, allora seduto sulla panchina della Roma) e poi il girovagare tra serie B e serie C. Fiorentina e Bologna, tra le altre squadre allenate.
Il mago di Turi si è spento nella sua città natale l'11 marzo del 1990. Il calcio ha perso così un personaggio vero e genuino, di un calcio romantico che forse non esiste più.
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