La morte di Re Cecconi, quel maledetto scherzo...

Il 18 gennaio 1977 Luciano Re Cecconi muore, a soli 28 anni, ucciso da un colpo di pistola, sparato da un gioielliere per legittima difesa.
Stando così i fatti, verrebbe da pensare che si tratti di uno dei tanti casi di cronaca nera che negli anni di piombo riempivano le pagine dei giornali. Ma la verità è ben altra. Luciano Re Cecconi era all'epoca il capitano della Lazio. Non un semplice rapinatore. Era a Roma, dove era ben conosciuto. Ed era in compagnia di due amici, uno dei quali conoscente del gioielliere che sparò. E allora, come è potuta accadere una tragedia di questo tipo?
Le indagini preliminari raccontano una storia, che fu adottata come versione ufficiale dalla stampa. Ci dicono che Re Cecconi entrò nella gioielleria di Bruno Tabocchini in compagnia del compagno di squadra Pietro Ghedin e del profumiere Giorgio Fraticcioli. Che a Re Cecconi sia balenata in testa l'idea di fare uno stupido scherzo e dichiarare: "Fermi tutti! Questa è una rapina!". Che il gioielliere abbia alzato la pistola e sparato. Che Re Cecconi, prima di stramazzare a terra abbia pronunciato una frase: "Era uno scherzo... solo uno scherzo". E che sia morto.

Ora, purtroppo, la completa verità non sarà mai data sapersi, ma dalle carte e dalle indagini (anche successive alla sentenza) emergono notevoli incongruenze che non collimano con la versione ufficiale. In fase istruttoria il gioielliere ritrattò in parte la deposizione. E dalle sue dichiarazioni sembrò emergere che la frase "Fermi tutti! Questa è una rapina!" Re Cecconi non l'abbia mai pronunciata. D'altronde fu lo stesso gioielliere ad aprire la porta con il pulsante, rassicurato da un gesto di Fatriccioli.

E allora cosa successe?

Diciamo che la versione rivisitata e corretta della vicenda indica che il gioielliere abbia puntato la pistola prima verso Ghedin poi verso Re Cecconi e che sia partito un colpo. Perché lo abbia fatto non è dato sapersi. Forse uno scherzo oppure, più semplicemente, perché il povero Tabocchini aveva già subito delle rapine in precedenza, era teso come una corda di violino ed impugnare la pistola era l'unica cosa che lo facesse sentire sicuro.

Ma come si arrivò alla sentenza?

Diversi fattori contribuirono a far sì che il processo si concludesse in quel modo. Erano anni difficili, le rapine in gioielleria all'ordine del giorno. Lo stesso Tabocchini ne era stato vittima. Al processo si arrivò in un clima in cui l'assoluzione o la condanna del gioielliere avrebbero detto da che parte stava lo Stato. Poi Re Cecconi era il capitano della Lazio, "squadra fascista" e violenta. E il caso divenne anche politico, almeno in parte. Anche se Re Cecconi era uno dei pochi a non averla la pistola e, ai tempi della Lazio scudettata, era il leader dell'"altro" spogliatoio, antagonista di Chinaglia e compagni.

Come detto la verità non la sapremo mai. Ci resta solo una storia tragica e torbida, assieme al ricordo chiaro e limpido di un grande giocatore.

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