Astutillo Malgioglio: numero 12 sul campo, numero 1 nella vita


Il nome di Astutillo Malgioglio è legato in maniera indissolubile all'Inter dei record, quella di Trapattoni e Matthäus. Di quella squadra Malgioglio era il numero 12, la riserva di Zenga. 5 anni a Milano e poi a Bergamo a chiudere la carriera. E pensare che prima di andare all'Inter aveva pensato addirittura di smettere.

È il 9 marzo 1986. Malgioglio difende la porta della Lazio, impegnata nel match casalingo contro il Lanerossi Vicenza. Un paio di errori del portiere, già duramente contestato, la comparsa di uno striscione a dir poco sgradevole, la rabbia che ribolle ed ecco che Malgioglio sbotta. Si leva la maglia, ci sputa sopra e la getta all'indirizzo della curva. La Lazio ne chiede la radiazione, i tifosi lo lincerebbero, ma Malgioglio ha già deciso: rescissione e fine della carriera. Ma perché questo folle gesto?

Bisogna dire che al nostro, i tifosi biancocelesti non hanno mai perdonato il passato giallorosso (due stagioni come riserva di Tancredi). Ma soprattutto il mondo del calcio, la parte peggiore, non ha mai accettato il suo impegno sociale. Perché Astutillo Malgioglio non era il classico calciatore ricco e scemo, da serate in compagnia di belle donne e vacanze ai Caraibi. Astutillo Malgioglio dedicava invece le sue ferie (e i suoi soldi) ad una fondazione benefica, da lui stesso creata. La "ERA 77", che offriva terapie gratuite ai disabili. Una passione, quella per il sociale, nata nel portiere a soli 20 anni quando, titolare del Brescia, visitò per la prima volta un centro per disabili. Colpito dallo stato di emarginazione in cui loro malgrado queste persone erano costrette, Malgioglio fece della solidarietà la sua ragione di vita. E così, dopo ogni allenamento, dopo ogni partita, insomma, appena possibile, Astutillo si dedicava alla sua missione. Senza che questo interferisse sui suoi impegni sportivi.

Ma la cosa non era vista di buon occhio da tutti. Già ai tempi del Brescia fu messo fuori squadra dall'allenatore Perani dopo 5 anni da protagonista. Poi la Pistoiese, l'approdo alla Roma Campione d'Italia e la Lazio, in serie B. L'anno più brutto della sua vita. Il pensiero comune dei tifosi era che il suo impegno ne minasse il rendimento in campo. E siccome le logiche che regolano il comportamento delle masse sono piuttosto semplici, ecco che la figura di Malgioglio fu ben presto accostata a quella dei malati che cercava di curare. Una macchina sfasciata, sputi, bottigliette ed insulti la domenica. E i più rozzi non risparmiavano neppure moglie e figlia, regolarmente insultate per strada o a scuola. E quel maledetto 9 marzo, all'ennesimo insulto e, soprattutto, all'apparizione in curva di uno striscione a dir poco becero (Tornatene dai tuoi mostri), Astutillo non ce la fa più a tenere tutto dentro. Ed esplode. Un gesto eclatante che sembra essere l'ultimo della sua carriera calcistica.

Ma un bel giorno il telefono squilla. Dall'altra parte della cornetta c'è Giovanni Trapattoni, che gli offre un posto nella sua Inter. Un contratto da firmare in bianco e l'occasione di riprendere da dove aveva lasciato. Malgioglio accetta e si trasferisce a Milano. 5 anni fantastici, purtroppo mai da protagonista, se non una volta (ma ci ritorneremo). Comunque molto per uno che aveva praticamente appeso i guanti al chiodo. In quegli anni riesce anche a far crescere la sua associazione. Coinvolge i compagni di squadra e li trascina a cene benefiche per la raccolta di fondi (Klinsmann su tutti). Ma il mondo del calcio dimentica presto. E così, a carriera terminata, da quel mondo non sono più arrivati aiuti. ERA 77 ha chiuso i battenti ormai da un pezzo e la salute si è anche messa di traverso. Astutillo Malgioglio è un alieno nel mondo del calcio e come tale ha vissuto: diverso da tutti.

Ah sì... dicevamo che ebbe ancora un'occasione per essere protagonista. Il 4 marzo 1990 si gioca Lazio-Inter al Flaminio (Olimpico in ristrutturazione in vista dei mondiali). Zenga non ce la fa e in porta va Malgioglio. Il presidente Pellegrini impone al giocatore di porgere un mazzo di fiori sotto la curva della Lazio, come gesto di pace. E mentre si avvicina con i fiori in mano iniziano i fischi, che diventano poi insulti e che si trasformano in lanci di oggetti: monetine, radioline, batterie, accendini, ecc... Una volta depositati i fiori Malgioglio torna a volgere il suo sguardo verso il campo, con il volto sporco del suo stesso sangue.

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