Bloody Butcher

Bloody Butcher al termine del match tra Svezia ed Inghilterra
Una foto storica. Il serial killer in questione altri non è che Terry Butcher, gloria della nazionale inglese. Nel caso specifico la foto non lo ritrae dopo aver compiuto un delitto, ma bensì durante un match valido per la qualificazione ai mondiali di calcio. La partita è Svezia-Inghilterra. Il giorno è il 6 settembre 1989. Il calcio era diverso, così come le regole che lo governavano. Oggi, alla prima goccia di sangue il giocatore deve essere medicato immediatamente e costretto fuori dal campo fino ad avvenuta sutura della ferita. Ma una volta non funzionava così. Eppure i medici ci avevano provato... gli avevano messo un paio di punti ed una spessa fasciatura. Ma appena rientrato in campo Butcher continuò la sua partita con lo stesso vigore con cui era solito giocare. All'ennesimo colpo di testa la ferita si riapre. Il sangue comincia a sgorgare. A diventare rossa per prima è la fasciatura. Poi il sangue gli cola sul viso e da lì verso la maglietta. Ora, come tutti sanno, la divisa dell'Inghilterra è bianca, candida e immacolata. Così il sangue di Butcher la macchia ben benino, rendendola più simile alla parannanza (o grembiule, se volete) di un macellaio che alla maglia di un giocatore. Ed il bello in tutto questo è che il termine "butcher" vuol proprio dire "macellaio".
Bloody Butcher durante il match tra Svezia e Inghilterra
La storica foto è stata scattata al termine della partita, quando lo 0-0 finale aveva così garantito la qualificazione all'Inghilterra. Scolpita nel volto del giocatore si può così vedere qualcosa tra rabbia, soddisfazione, trance agonistica... e spirito omicida.

Astutillo Malgioglio: numero 12 sul campo, numero 1 nella vita


Il nome di Astutillo Malgioglio è legato in maniera indissolubile all'Inter dei record, quella di Trapattoni e Matthäus. Di quella squadra Malgioglio era il numero 12, la riserva di Zenga. 5 anni a Milano e poi a Bergamo a chiudere la carriera. E pensare che prima di andare all'Inter aveva pensato addirittura di smettere.

È il 9 marzo 1986. Malgioglio difende la porta della Lazio, impegnata nel match casalingo contro il Lanerossi Vicenza. Un paio di errori del portiere, già duramente contestato, la comparsa di uno striscione a dir poco sgradevole, la rabbia che ribolle ed ecco che Malgioglio sbotta. Si leva la maglia, ci sputa sopra e la getta all'indirizzo della curva. La Lazio ne chiede la radiazione, i tifosi lo lincerebbero, ma Malgioglio ha già deciso: rescissione e fine della carriera. Ma perché questo folle gesto?

Germania Est - Germania Ovest, quando Sparwasser segnò al capitalismo

Jürgen Sparwasser, a sinistra, Erich Hamann, a destra
Amburgo. Mondiale di Germania 1974. Il 22 giugno si gioca una partita valida per la qualificazione al secondo girone eliminatorio. All'epoca il mondiale era strutturato in maniera diversa da oggi. C'erano quattro gironi da 4 squadre, si qualificavano alla fase successiva le prime 2 di ognuno. Le 8 squadre qualificate formavano così due nuovi gironi da 4. In semifinale andavano poi le prime due dei rispettivi gironi.
Quel giorno si affrontavano le due squadre favorite per la qualificazione al turno successivo. In realtà erano già qualificate entrambe, ma la partita valeva la leadership. Le due squadre in questione erano Germania Ovest, paese ospitante, e Germania Est. Una sfida storica, senza precedenti.

A dire il vero un precedente c'era stato, due anni prima al torneo olimpico. Ma il regolamento delle olimpiadi all'epoca vietava di convocare giocatori professionisti. Così la Germania Ovest schierò una nazionale giovanile, mentre quella Est schierò una nazionale di tutto rispetto (i calciatori in Germania Est non erano formalmente dei professionisti). E la sfida se la aggiudicò proprio la DDR per 3-2.

Pierluigi Pizzaballa, l'introvabile

Questa qui a sinistra è la figurina Panini più introvabile di sempre (o almeno lo è stata). Pierluigi Pizzaballa, numero 1 dell'Atalanta, prima figurina in assoluto dell'album della stagione 1963-1964. Mesi e mesi a collezionare e a scambiare, ma quando andavi a sfogliare l'album... quel buco nella prima pagina ti levava il sonno. E non c'era nulla da fare, Pizzaballa non ce l'aveva nessuno e nelle bustine non lo trovava nessuno.
Il suo nome è noto più per questo curioso aneddoto che non per i meriti sportivi. Anche se in realtà Pizzaballa ha avuto una carriera di tutto rispetto, tra Bergamo (l'Atalanta è sempre stata la sua squadra del cuore), Roma (sponda giallorossa), Verona (era il portiere della "fatal Verona") e Milano rossonera. All'attivo una presenza in nazionale ed una spedizione mondiale come terzo portiere, nel 1966. In Serie A quasi 300 partite, eppure...
Eppure Pizzaballa è per tutti la figurina più rara di sempre. Il motivo? Bé, quando il fotografo della Panini venne nella sede dell'Atalanta ad inizio campionato, Pizzaballa era infortunato e quindi assente. La sua figurina fu stampata soltanto a febbraio, consegnando il suo nome alla storia del mondo del calcio.

Mimmo Di Carlo

Ai tempi del Vicenza ancora qualche ciuffo ce l'aveva. Il buon Domenico era capitano di quella squadra che sfiorò la finale di Coppa delle Coppe. Di sicuro non ha mai pensato a risolvere il problema della caduta dei capelli. Il riporto è pessimo, ma negli anni successivi ha per lo meno optato per la rasatura totale.

Catanzaro, Udinese, Juventus, Napoli... Sky.

Commentatore sportivo per Sky. Ex calciatore. Ha iniziato la sua carriera nel Catanzaro (nella foto), giocando accanto al mitico Palanca. Poi all'Udinese ha avuto il privilegio di giocare con Zico. Nell'85 si trasferisce alla Juventus. In quegli anni passa da Torino un certo Platini. Chiude la sua carriera a Napoli, giocando due stagioni al fianco di Maradona.

Ebbene, nonostante tutto ciò, rimane un pessimo commentatore. Qui coperto da un ciuffo sbarazzino ed un monociglio che ne copre parzialmente lo sguardo da tombeur de femmes, ma avete capito chi è?

La morte di Re Cecconi, quel maledetto scherzo...

Il 18 gennaio 1977 Luciano Re Cecconi muore, a soli 28 anni, ucciso da un colpo di pistola, sparato da un gioielliere per legittima difesa.
Stando così i fatti, verrebbe da pensare che si tratti di uno dei tanti casi di cronaca nera che negli anni di piombo riempivano le pagine dei giornali. Ma la verità è ben altra. Luciano Re Cecconi era all'epoca il capitano della Lazio. Non un semplice rapinatore. Era a Roma, dove era ben conosciuto. Ed era in compagnia di due amici, uno dei quali conoscente del gioielliere che sparò. E allora, come è potuta accadere una tragedia di questo tipo?
Le indagini preliminari raccontano una storia, che fu adottata come versione ufficiale dalla stampa. Ci dicono che Re Cecconi entrò nella gioielleria di Bruno Tabocchini in compagnia del compagno di squadra Pietro Ghedin e del profumiere Giorgio Fraticcioli. Che a Re Cecconi sia balenata in testa l'idea di fare uno stupido scherzo e dichiarare: "Fermi tutti! Questa è una rapina!". Che il gioielliere abbia alzato la pistola e sparato. Che Re Cecconi, prima di stramazzare a terra abbia pronunciato una frase: "Era uno scherzo... solo uno scherzo". E che sia morto.

Venezia-Juventus, quando l'egoismo di Inzaghi affossò Del Piero

Nella stagione 1999/2000 Alessandro Del Piero rientra da un brutto infortunio. Fatica molto a ritrovare se stesso e faticherà ancora nella stagione successiva. L'idea di tutti è che Del Piero non sarà più il campione che fu. Prima di quello sciagurato minuto 92 di Udinese-Juventus dell'8 novembre 1998, quando si lesionò il legamento crociato anteriore e posteriore. 9 mesi di convalescenza, il lento recupero, ma l'incondizionata fiducia di Ancelotti, appena subentrato a Lippi, che lo schiera sempre titolare. E molti storcono il naso, perché Del Piero rende poco e segna solo su rigore. Ma sono tutti convinti che per ritrovare il campione basti un gol, su azione. Un gol che lo sblocchi. Ma quell'anno Del Piero sembra riuscire a gonfiare la rete solo dal dischetto, ma mai su palla attiva. In più la concorrenza davanti è spietata e la situazione sembra frustrare il capitano, triste e giù di corda.

Lazio '74 - Scudetto e pistole, una squadra bella e maledetta


Maestrelli sulle spalle di ChinagliaIl 12 maggio 1974 la Democrazia Cristiana subisce la prima grande sconfitta dal dopoguerra. Il 12 maggio è il giorno in cui il popolo italiano si pronuncia in favore del divorzio. Giornata storica. In piazza si festeggia. Dal punto di vista calcistico, invece, il 12 maggio è il giorno della Lazio, il giorno in cui l'Aquila si aggiudica il suo primo scudetto. Una squadra tornata in A da appena un paio di anni, che già l'anno precedente aveva sfiorato il titolo, da neopromossa. Trascinatore di quella squadra è Giorgio "Long John" Chinaglia. Ma il maestro e artefice indiscusso del miracolo biancoceleste è Tommaso Maestrelli. Il tecnico, la guida. Un vero e proprio padre per quei ragazzi scapestrati, che faceva sfogare in settimana e riuniva sotto la sua ala la domenica.

La parata del secolo: Banks su Pelé

Nel 1970 si gioca il mondiale in Messico. La squadra accreditata da tutti come la favorita è senza dubbio il Brasile di Pelé, che difatti vincerà la coppa. Quel mondiale lì sarà anche ricordato per un altro paio di cose: la semifinale Italia-Germania 4-3 e "la parate del secolo".
Se da buoni italiani sulla partita contro la Germania sappiamo praticamente tutto, a molti potrebbe però sfuggire a cosa ci si riferisca con "la parata del secolo".

7 giugno 1970. Il destino ha messo contro nello stesso girone eliminatorio Brasile, vincitore del titolo mondiale nel '62 e nel '66, e Inghilterra, campione in carica. Senza dubbio le due squadre più forti di quegli anni assieme alla Germania. Alla fine del girone, infatti, si qualificarono entrambe. La partita che le vide una contro l'altra terminò 1-0 per il Brasile. Ma a passare alla storia è stata la parata di Banks.

Vampeta, il super bidone

Vampeta all'InterSentir pronunciare il nome "Vampeta" genera un certo sussulto in ogni appassionato di calcio e qualcosa di misto a rabbia, vergogna ed imbarazzo in chi tifa Inter. Per chi non ricordasse chi fosse, diciamo che Vampeta ha rappresentato apice e contemporaneamente simbolo delle strategie di mercato a dir poco fallimentari della dirigenza Moratti. Quell'Inter lì era una squadra che investiva ogni anno tantissimo nel mercato, nella vana speranza di portare a casa lo scudetto. Grandi nomi, portati a Milano a suon di miliardi. Bè, tranne alcuni casi, di solito sussisteva un rapporto di proporzionalità inversa tra denaro speso e giocatore: più miliardi venivano investiti e più grosso era il flop.
Ed eccoci al nostro. Estate 2000, annunciato dal solito tam tam mediatico e consueto corollario di titoloni dei quotidiani sportivi, arriva in Italia, per la modica cifra di 30 miliardi, un centrocampista brasiliano di grande talento e titolare nella nazionale verdeoro: Marcos André Batista Santos, meglio noto come Vampeta. Sponsorizzato da nientepopodimeno che... Ronaldo, suo compagno ai tempi del PSV.

Zahoui, lo straniero da due lire

La riapertura delle frontiere nel 1980 scatenò la corsa allo straniero in Serie A. Solo uno per squadra. C'è chi realizzò colpi sensazionali (Falcao alla Roma), chi prese delle grosse cantonate (Danuello alla Pistoiese) e chi, invece, decise di aspettare, far calmare le acque ed acquistare "lo straniero" in seguito. E così fu per l'Ascoli del vulcanico Costantino Rozzi. Perciò, dopo un anno a "frontiere chiuse", i marchigiani si diedero al mercato estero, portando in Italia, nella stagione 1981/1982, un giocatore africano di indubbio talento: François Zahoui. Il primo africano a giocare in Serie A.

Fu acquistato per 25 milioni di lire (e una fornitura di abbigliamento sportivo). Lo "straniero da due lire", come lo etichettò lo stesso Rozzi, l'unico che il club potesse permettersi. E anche lo stipendio di Zahoui non era proprio da top player: 12 milioni l'anno, minimo sindacale.

Piacere Iain Dowie... detto Sloth

Dowie, noto anche come Sloth
Il nome non dirà gran ché, trattasi di Iain Dowie, centrocampista nordirlandese con una carriera di tutto rispetto tra Southampton, Crystal Palace, West Ham ed altre squadre. Il The Sun lo ha eletto il calciatore più brutto di sempre. Chi vi ricorda?

Massimo Palanca, il Piedino d'Oro

Palanca con la maglia del Catanzaro
Massimo Palanca è un nome che fa ancora sussultare i tifosi del Catanzaro e, in generale, tutti gli appassionati del calcio che fu. Campione di provincia con un rapporto speciale con la città che lo ha sempre amato e alla quale il bomber ha sempre dimostrato affetto. Un metro e settanta scarso, al piede un numero 37. Per lui la Pantofola d'Oro produce delle scarpe su misura. Il Piedino d'Oro, il Piedino di Fata, ma anche O'Rey per i suoi tifosi. E pensare che Palanca arrivò quasi per caso a Catanzaro. Era il 1974, il giocatore aveva appena segnato in C 18 reti con il Frosinone ed era pronto ad accasarsi alla Reggina. Ma la retrocessione di quest'ultima fece cambiare i piani di bomber Massimo, che virò sul Catanzaro.